E POI NON DITE CHE NON VE LO AVEVAMO DETTO
Gli amministratori comunali hanno nostalgia de Lo Uttaro
e ci riprovano in un’area di rifiuti industriali sotto sequestro
Al cancello della ex Ucar Carbon, zona Saint Gobain, appena dietro i nuovi uffici della Provincia e lo splendido Crowne Plaza, a pochi passi dal Parco La Selva e da un nuovo quartiere di San Nicola La Strada, c’è stato ieri, sabato, un gran viavai di automezzi. Lì si starebbe attrezzando un capannone abbandonato a sito di stoccaggio provvisorio per i rifiuti che attualmente invadono Caserta con e senza “scarrabili”.
Alla notizia non volevamo crederci. Perché andare a creare un deposito di rifiuti proprio accanto ai quartieri che più hanno sofferto per i crimini ambientali de Lo Uttaro? È una vendetta per chi ha avuto più ragione a protestare? È uno sfregio? Già i residenti avevano avuto sentore che intorno alle loro case qualcosa non quadrasse: lì c’è, lato Caserta, la massima concentrazione di “scarrabili” – ce ne sono persino 5 sull’angolo della scuola elementare – che si sono trasformati, com’era prevedibile, in inviti alla discarica anche per “passanti” che giungono in auto (qualcuno addirittura in camion) da altri quartieri o da altri comuni. In pratica, com’è stato denunciato dettagliatamente agli uffici comunali da numerosi cittadini, lì si sono create discariche a cielo aperto già troppo grandi per poter stare sotto i balconi della gente. Per chi abita lì si stanno rinnovando le sofferenze olfattive e le serie preoccupazioni dei lunghi e allucinanti mesi estivi, quando la Grande Puzza della discarica illegale procurava nausea e vomito persino dentro casa e a finestre chiuse.
Sarebbe stato logico escludere la zona da altri programmi di possibile avvelenamento. Non perché il tormento toccherebbe ora a qualcun altro – infamie come quelle de Lo Uttaro non dovrebbe subirle nessuno – ma perché si sa già con matematica certezza quanto gravi possono essere gli effetti di un deposito di rifiuti messo lì, dove per giunta si sta costruendo un Policlinico.
Invece sembra che lo stoccaggio nel capannone Ucar sia davvero in allestimento. Lo ha confermato l’assessore comunale all’ecologia Luigi Del Rosso al quotidiano on line Caserta c’è ^ . Un articolo di Gianluigi Guarino – che ci informa anche su altre ipotesi di stoccaggi e di discariche – riporta tra virgolette dichiarazioni di Del Rosso. Parole improntate a un’operosa frenesia che avremmo preferito vedere dedicata a una causa migliore. Perché lì uno stoccaggio di rifiuti non si può proprio fare. Neanche uno piccolo piccolo, di sole “2 mila, 2 mila 500 tonnellate”, come cerca di far intendere Del Rosso, nel tentativo di indorare la nuova supposta per gli abitanti dei paraggi. E ci stupiremmo moltissimo se l’ARPAC e la ASL dessero pareri favorevoli, anzi già ci stupiamo che abbiano accettato di prendere seriamente in considerazione l’ipotesi e non abbiano invece subito liquidato il Comune rispondendo, come minimo, “Ma volete scherzare?”.
Lo stoccaggio non si può fare non solo per i già indicati motivi di opportunità. Non solo perché in questa situazione sappiamo benissimo che il “piccolo e provvisorio” può agevolmente trasformarsi in gigantesco e perenne, e non sembra sensato piazzare un simile rischio di nuovo a due passi dalle case. Ma soprattutto perché l’area Ucar è già fortemente compromessa dal punto di vista ambientale, con consistenti conseguenze giudiziarie, e permettere lì dentro un movimento continuo di nuovi rifiuti potrebbe facilmente avere effetti gravi per più versi.
Dentro il recinto della Ucar, a una ventina di metri dal capannone candidato a stoccaggio, c’è già una gran bella discarica di rifiuti industriali, non si sa con precisione quanto pericolosi, molto probabilmente provenienti dalla passata attività della Ucar, sottoposti a sequestro giudiziario. Abbiamo usato l’avverbio “probabilmente” perché per quei rifiuti è in corso una “caratterizzazione” – significa esami per stabilirne l’esatta natura e pericolosità – per poi procedere alla messa in sicurezza e alla bonifica.
È il caso di andare a sfruculiare l’Ucar rischiando di mischiare, sotto l’assedio drammatico dei rifiuti urbani, materiali, responsabilità e carte (di perizie ambientali, di conti per la costosa bonifica che chissà poi chi li pagherà ecc.)? E rischiando di produrre un’altra complicata e imprevedibile bomba ecologica che sarebbe sempre più difficile disinnescare?
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