Visto che un inceneritore dovrebbe arrivare anche a Napoli città, intorno agli inceneritori divampano di nuovo le polemiche. Sul fatto che questi impianti non migliorino la qualità dell’aria è difficile avere dubbi. Ma è davvero necessario farne “minimo 4” come ha sostenuto Bertolaso? Varie fonti giornalistiche hanno di recente riferito che parte delle ecoballe “esportate” in Germania non è finita direttamente negli inceneritori ma in impianti TMB (Trattamento Meccanico Biologico, MBA in lingua tedesca). Al riguardo informazioni interessanti le fornisce un post, qui riportato, del blog Scienziato Preoccupato di Federico Valerio ^ . Un blog che vi consigliamo di tenere d’occhio perché affronta in modo semplice ma autorevole – Valerio è un chimico impegnato da decenni in battaglie per l’ambiente – molte questioni che ci stanno a cuore, anche con una sezione intitolata Vedi Napoli dedicata spesso ai rifiuti campani.

Nel 2005 in Germania erano operativi 73 inceneritori con una capacità di 18 milioni di tonnellate all’anno e 64 impianti di trattamento meccanico biologico con la capacità di 6,1 milioni di tonnellate.
Mentre la maggior parte degli inceneritori è stato realizzato tra gli anni ’80-’90, gli impianti MBT si sono imposti alla fine degli anni ’90 e sono in forte crescita.
Questi impianti trattano i MPC indifferenziati e, in alcune decine di giorni eliminano i rischi igienico-sanitari della frazione putrescibile, che viene trasformata in anidride carbonica e acqua e contemporaneamente è eliminata biologicamente la carica batterica pericolosa. Durante la fase biologica nella bioossidazione c’è anche una importante riduzione della massa per evaporazione dell’umidità a causa del calore sviluppato dal processo biologico.
Successivamente trattamenti meccanici provvedono a separe le varie frazioni dei materiali inerti o poco biodegradabili in base al peso specifico e alle loro caratteristiche elettromagnetiche.
A parità di materiale trattato, l’impatto ambietale di un impianto MBT è nettamente ed intrinsecamente inferiore a quello di un inceneritore con recupero energetico.
Una parte dei rifiuti campani è andata a finire in un impianto MTB tedesco, in particolare in quello di Croebern.
Ecco il commento di Enzo Favoino della Scuola Agraria di Monza , un esperto di trattamenti biologici a livello mondiale:
“Conoscevo Croebern come uno dei più grandi impianti MBA (= TMB) tedeschi, si tratta di un normale impianto di TMB, schema “splitting” (a separazione di flussi) e con design del sistema praticamente uguale a quelli campani (poi perché i tedeschi riescano a farli funzionare, e l’Impregilo no, è uno dei tanti paradossi che fanno parte della iconografia del “paese doo sole”.
Schema di flusso:
Sostanzialmente
– recuperano un 10% di materiali valorizzabili (holz=legno, metalle= metalli)
– mettono a discarica (deponierung) un 35% stabilizzato ed inertizzato e
– mandano a recupero energetico (thermische verwertung) le frazioni ad alto potere calorifico (45%)
Tenete presente, per quanto concerne l’ultimo punto, che (anche) in Germania c’è il divieto di discarica per materiali con PCI > 13 Mj”
E’ probabile che il recupero energetico in Germania si effettui usando il bioessiccato come combustibile in cementifici, al posto di una pari quantità di carbone. Il 30 % che manca all’appello è acqua e organico putrescibile immessi in atmosfera, durante il trattamento biologico come vapor acqueo e anidride carbonica.
Ricordo che i Germania si ricicla e si composta circa il 54% dei rifiuti urbani, esiste l’obbligo del vuoto a rendere per le bottiglie di plastica e gli inceneritori non ricevono incentivi pubblici.
Se questo schema fosse stato adottato in Campania, oggi non avremmo il cumulo di ecoballe e forse neppure i rifiuti nelle strade.