CHI HA LAVORATO E CHI NO PER LA DIFFERENZIATA
Posted by ambienti su luglio 3, 2008
il testo è di The Boss, il video era su YouTube
Il governo ha scoperto per la Campania la raccolta differenziata dei rifiuti. Un po’ in ritardo rispetto al Decreto Ronchi n. 22/97, all’emergenza regionale proclamata l’11 febbraio 1994 e all’Ordinanza n. 2774/98, dell’allora ministro dell’Interno Giorgio Napolitano, secondo la quale si sarebbe dovuto rimediare all’emergenza con una moderna filera dei rifiuti e il raggiungimento del 35% di differenziata, in linea con il Decreto Ronchi, entro la fine del 2000. Nel frattempo in Campania solo qualcosa si è mosso nella direzione giusta. Mentre il sistema FIBE ha sostanzialmente mirato a impaccare i rifiuti in ecoballe buone per avvelenare i cittadini e ottenere crediti dalle banche in vista dei futuri incenerimenti impropriamente e riccamente remunerati con gli incentivi statali CIP 6. Soldi nostri, questi, pagati sulla bolletta Enel, 6% del costo dei consumi, che dovrebbero servire a favorire i sistemi di produzione di energia rinnovabile e “pulita”, come il solare o l’eolico.
Nonostante gli ostacoli frapposti alla differenziata, sono riusciti a praticarla gli amministratori e cittadini dei comuni ricicloni ^, piccoli e pochi rispetto alle dimensioni del problema rifiuti che ha il suo epicentro a Napoli dove, come in molti altri luoghi, i piani per la differenziata sono stati “dimenticati”. Qualche azienda che aveva puntato virtuosamente al riciclo ha dovuto accontentarsi di lavorare a regime ridotto per mancanza di “materia prima”. È il caso della Erreplast, che negli ultimi 6 mesi ha collaborato in modo decisivo all’esperienza della differenziata nelle parrocchie a Caserta, di cui in Ambienti si è dato più volte conto.
La Erreplast è a Gricignano, a due passi da Marcianise, nella zona a cavallo tra le province di Napoli e Caserta che ospita la più grande concentrazione di impianti per il trattamento dei rifiuti di tutta la Campania. Ci sono l’impianto di depurazione delle acque reflue del casertano, che in realtà non ha mai depurato alcunché, l’impianto per CDR di Caivano, che non ha mai prodotto vero CDR, l’impianto di compostaggio annesso al CDR, che non è mai entrato in funzione, e la discarica di Santa Veneranda, realizzata nel bel mezzo di coltivazioni di granturco ed erba medica, che ha continuato a bruciare per mesi liberando nell’aria fumi velenosi e che ancora oggi continua, a rilasciare percolato nel terreno. Questo territorio è attraversato dai Regi Lagni, vanto dell’ingegneria di epoca borbonica, oggi devastati da sversamenti abusivi di migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi provenienti dalle fabbriche del nord Italia.
L’impianto Erreplast è come un’oasi nel deserto, il miraggio di un ciclo virtuoso nella gestione dei rifiuti che in 15 anni il Commissariato ha impedito in vari modi. Ci arriviamo da Caserta in pochi minuti imboccando il raccordo dell’asse mediano e quello che subito colpisce sono le balle di plastica diligentemente ordinate in un angolo del piazzale.
Ci aspettano il dottor Nicola Diana, fratello dell’amministratore delegato della società Antonio, nonché socio, e il dottor Vincenzo Conte, responsabile tecnico dell’impianto. Sarà Conte ad accompagnarci per una visita agli impianti.
Ci spiega che, a fianco della Erreplast, c’è la SRI, altra impresa della famiglia Diana, che fa da piattaforma CONAI per la selezione delle frazioni valorizzabili dei rifiuti. Qui arrivano carta, cartone, plastica, alluminio e banda stagnata di quei comuni che attuano la raccolta differenziata dei rifiuti.
Scopriamo che anche l’Unione dei Comuni Calatia ha conferito qui circa 30 tonnellate di plastica e metalli nel mese di maggio. Meglio hanno fatto le tre parrocchie di Caserta che, tra plastica, metalli, carta e cartone, da sole sono riuscite a recuperare in appena tre mesi 230 tonnellate di materiali. Ma si tratta di quantità sempre troppo esigue se è vero che l’impianto ha una capacità di 40.000 tonnellate annue e gliene arrivano appena 20.000 e di queste solo 3.500 dalla Campania.
I materiali conferiti nella piattaforma vengono ulteriormente differenziati, vengono eliminate le frazioni non riutilizzabili, infine vengono lavati per eliminare le residue tracce di sostanza organica. Verranno poi accatastati in balle omogenee destinate al CONAI per la vendita all’asta. Eh si, perché, ci spiega Conte, i materiali che arrivano presso la piattaforma non sono di proprietà della società, ma del Consorzio per il recupero degli imballaggi che attraverso un sistema di aste li vende al migliore offerente sul territorio nazionale. Cosicché la Erreplast, che è l’unica azienda di questo tipo nel meridione, è costretta a competere con le imprese del nord Italia per avere la materia prima da lavorare. Acquista all’asta la plastica a caro prezzo quando nel resto della regione viene buttata insieme ai rifiuti indifferenziati in discariche pericolose o destinata all’incenerimento.
Qui diventa chiaro come la mancata raccolta differenziata sia uno spreco incredibile di materia che potrebbe essere rilavorata e riutilizzata in tanti modi. Dalle bottiglie d’acqua o dai flaconi dello shampoo e del detersivo si possono ottenere fiocchi di poliestere per realizzare felpe in pile, coperte e tappezzeria per le automobili, fogli di poliestere per realizzare vaschette per alimenti e contenitori di vario tipo. Ma di plastica non ce n’è abbastanza e l’impianto lavora solo a metà della propria capacità produttiva.
Quando chiediamo cosa farebbero se l’impianto lavorasse a pieno regime e la plastica arrivasse copiosa la loro risposta non si fa attendere: potremmo investire in un altro impianto del genere. Ma potrebbero farlo anche altri. Qui c’è posto per tutti. Basta che le istituzioni si decidano finalmente a fare la propria parte, dai Comuni al Commissariato.
Basterebbe una buona raccolta differenziata e si potrebbe recuperare in poco tempo anche il 50% dei materiali presenti nei rifiuti. Come nel caso del Comune di Gricignano, dove si trova l’impianto, che con un progetto fornito proprio dalla Erreplast è passato, in pochi mesi, dall’ultimo posto tra i comuni ricicloni della provincia di Caserta con appena il 5% ad una percentuale del 45% di differenziata.
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