POLICLINICO DI CASERTA, CHI VUOLE CAVARLO VIA?
Posted by ambienti su agosto 5, 2008
di Pasquale Costagliola
La costruzione del policlinico nella zona orientale di Caserta è oramai una velleità che si scontra con il consolidato fronte del degrado. Le cave rappresentano un pugno nello stomaco per le strategie di sviluppo urbanistiche ed economiche della città. Il centro medico ed universitario, che potrebbe essere un polo di forte rilancio culturale e produttivo, non trova sponsor e rischia di trasformarsi in una vuota cattedrale nel deserto. Uno dei tanti monumenti allo spreco che costellano l’Italia.
I lavori per il policlinico partirono sub condicione: l’assessore regionale alle attività produttive, Andrea Cozzolino, pose l’obbligo di una valutazione d’impatto ambientale posticipata. Vale a dire che si diede l’assenso alla costruzione del nosocomio a patto che per l’apertura si sgombrasse il campo dalle condizioni avverse, ovvero i cementifici e le cave dovevano sparire al momento dell’apertura dell’ospedale. Un concetto che è rimasto lettera morta e che nessuno ha raccolto, sia nelle cariche istituzionali che in quelle accademiche. Solo i cementieri hanno preso alla lettera questo avvertimento della Regione Campania lanciando una campagna giudiziaria contro l’edificazione della costruzione universitaria. Gli avvocati della parte cavaiola hanno sostenuto in questi anni la incompatibilità di un impianto dedicato alla salute in un area deputata allo sfruttamento insalubre. Vi è negli operatori del settore estrattivo una coerenza terribile nel portare a termine l’opera di distruzione del territorio che non trova contrasto in nessun soggetto istituzionale.
Da anni la regione Campania è ferma in uno stallo generale per quanto riguarda il settore estrattivo dei minerali. La regolamentazione del campo economico produttivo richiedeva l’emanazione del PRAE (Piano Regionale Attività Estrattive) al fine di dare sbocco alle attività ed assicurare un sistema di sfruttamento adeguato alle risorse in campo. Intorno al PRAE vi è stata una vera e propria guerra, con avanzate e ritirate sullo scenario complesso che caratterizza questo ambito. Alla fine il commissario ad acta è intervenuto, per imposizione dei giudici amministrativi, a produrre un documento che la giunta regionale non era riuscita a emanare. Un PRAE discusso e contrastato che per Caserta non sembrava cambiare nulla e dove le intenzioni molto tenui di delocalizzazione si scontravano con le resistenze dei nuovi siti di allocazione degli impianti. Poi l’arrivo del colpo gobbo del ricorso al Tar e l’annullamento per sentenza del provvedimento. Un tiro che ha messo la regione nella condizione di legittimare de facto l’estrazione selvaggia a Caserta e dintorni. A Caserta la priorità sarebbe “la produzione industriale” (sic) senza tenere in alcun conto la salute dei cittadini ma anche i diversi progetti in avvio nel territorio.
Oggi nel complesso panorama delle azioni amministrative e giudiziarie che costellano la storia dei cementifici e delle annesse cave solo l’azione dei comitati si frappone al dilagare della devastazione. Uno sforzo che rappresenta un esempio di attivismo civico che vendica l’inerzia colpevole dell’establishment ufficiale.
Furio said
Anzi, per “migliorare” la situazione i cavaioli sono stati aiutati anche dalle belle menti che hanno aperto la discarica a Lo Uttaro e avrebbero intenzione di aprirne un’altra nello stesso posto. Hanno creato così un bel Polo della Monnezza che stringe d’assedio, insieme con le cave e i cementifici, il nuovo Policlinico.