del dott. Giuseppe Messina – Comitato Scientifico di Legambiente
INDICAZIONI PER UN PIANO ALTERNATIVO
Le eredità che Pansa si accinge a lasciare con il superamento dei poteri commissariali (31 dicembre 2007) sembrerebbero formalmente “inconfutabili”:
a) Piano regionale dei rifiuti;
b) Stazioni di trasferenza ovunque;
c) possibili nuove discariche da definire …
Le cose però, a nostro giudizio, non stanno così e svelano, nei fatti, una situazione di caos e di estrema gravità per il territorio, l’ambiente, la salute pubblica e la credibilità stessa delle istituzioni:
a) la discarica illegale e pericolosa di Lo Uttaro, già satura e prossima alla chiusura – appena qualche giorno di attività – è stata chiusa per un doppio provvedimento della Magistratura penale e civile dando ragione in pieno alle motivazioni del Comitato Emergenza Rifiuti, che aveva promosso le azioni giudiziarie, e condannando, per la prima volta in 14 anni di “emergenza”, lo Stato;
b) quella di Serre chiuderà, invece, nella seconda quindicina di dicembre;
c) nessun cantiere è stato aperto, neanche in ritardo, per far fronte allo smaltimento dei rifiuti in discarica; nulla è cambiato sostanzialmente da luglio, ossia da quando Bertolaso ha lasciato l’incarico di commissario di governo a Pansa; e mentre politici e amministratori si agitano per denunciare ritardi e problemi, la malavita organizzata continua – imperturbabile – a fare affari con lo smaltimento illecito sul territorio campano dei rifiuti industriali e pericolosi, vero nodo della vicenda rifiuti in questo paese.
Si consideri che:
1) Il piano regionale del ciclo dei rifiuti, proposto dal Commissario di governo, prefetto Pansa, può costituire una base di discussione e di confronto ma non si può considerare un piano in senso stretto;
2) I siti di trasferenza costituiranno in ogni caso un problema sanitario e ambientale;
3) I sette impianti di tritovagliatori (ex CDR) non sono stati sottoposti a revisione per produrre finalmente CDR dalla frazione dei rifiuti non altrimenti recuperabile e continuano a sprecare denaro dei cittadini e risorse che vanno a finire regolarmente in discarica;
4) L’inceneritore di Acerra, il cui inizio di attività era stato previsto per ottobre scorso, per errori clamorosi di progettazione e quant’altro entrerà in esercizio forse (si spera mai) solo forse nel 2010.
In questo disastro ambientale, politico, finanziario, morale, istituzionale, tutti abbiamo perso, mostrando che in Campania non esiste una classe politica degna di questo nome, e che tanto meno esiste un’imprenditoria competente e attenta, oltre che al profitto, al bene comune. Si pensi alle imprese incaricate della raccolta e spazzamento delle nostre città. È necessaria una svolta. Perciò poniamo all’attenzione dell’opinione pubblica, delle istituzioni, e di quanti hanno responsabilità in questa regione, le seguenti proposte operative atte a superare nell’immediato la cosiddetta “emergenza” e porre le basi ad un programma condiviso per affrontare il futuro con una certa tranquillità:
A) Realizzazione di una discarica regionale provvisoria (per la durata di almeno 36 mesi) nel territorio del comune di Vallata (Av), o negli altri quattro siti indicati, secondo la proposta già avanzata dall’Università di Napoli Federico II, dal professor de’ Medici, già fatta propria dal Commissario Bertolaso e poi misteriosamente accantonata, all’inizio di quest’anno. I tempi di attivazione sono valutabili in circa 30-40 giorni. Va rilevato e ricordato che difficilmente nel territorio regionale è possibile individuare altri siti così adatti per farne una discarica e in cui tutte le matrici ambientali e la normativa urbanistica e quant’altro trovano risposte completamente giuste.
B) Affiancamento alla discarica di un sufficiente numero di tritovagliatori (così come si sta facendo per l’eliminazione del sito di trasferenza a Caserta in località Lo Uttaro) per assicurare un’adeguata “lavorazione” del rifiuto tal quale e poterlo conferire così in discarica. Per dirla in altri termini: quello che oggi si sta enfaticamente facendo con i sette ex CDR regionali in mano alla FIBE;
C) Chiusura di tutti e sette gli impianti di tritovagliatura, per una loro reingegnerizzazione e per un effettivo dimensionamento territoriale in rapporto al fabbisogno di CDR (tenuto conto che trattasi di una frazione residuale rispetto alla raccolta differenziata), e conseguente rifacimento con tecnologie nuove ma con una capacità compatibile con la riduzione dei rifiuti da conferire in relazione agli obiettivi di raccolta differenziata definiti dal piano regionale;
D) Avvio, a livello provinciale (ossia per ciascuna provincia) di un procedimento partecipato a vario livello (da precisare) di tutte le componenti della società organizzata, per definire un piano del ciclo dei rifiuti (che comprenda tutti i rifiuti e non solamente gli RSU), parametrato e deciso a livello provinciale sulla base delle esigenze del territorio regionale. In questo quadro la proposta del piano regionale dei rifiuti di Pansa o altri documenti a vario livello istituzionale proposti, vanno considerati quali meri strumenti di informazione;
E) Sospensione di qualunque procedimento o decisione tecnica-amministrativa circa l’attivazione di impianti di biomasse, centri di stoccaggio, piattaforme, ecc. ecc., fin tanto che, a livello provinciale, non si adotti il piano di cui al precedente punto D), la cui approvazione dovrà, comunque, avvenire entro un anno dall’avvio del procedimento.
Nelle more:
1) si applichino le procedure previste per le amministrazioni locali che non effettuano la raccolta differenziata;
2) s’introduca l’obbligo, con specifica ordinanza commissariale, di realizzare un’isola ecologica in ogni comune e una almeno ogni 20.000 abitanti;
3) si elabori una proposta tipo, a livello provinciale, per il passaggio dalla TARSU alla Tariffa;
4) si approvi a livello regionale la norma che prevede l’utilizzazione degli inerti da riciclo per le opere pubbliche. A tale proposito vale la pena ricordare che l’art. 52 comma 56 della Legge Finanziaria 2002 (L. 28 dicembre 2001, n. 448) prevede che le regioni adottino le disposizioni occorrenti affinché i soggetti pubblici, o a prevalente capitale pubblico, utilizzino materiali riciclati in misura non inferiore al 30% del fabbisogno. La Campania è rimasta da sola, insieme a qualche altra regione del Sud, a non aver legiferato in materia.
5) Appena messi in funzione gli impianti di TMB (al massimo entro 18-24 mesi) con due di questi si dovrebbe procedere allo spacchettamento delle cosiddette “ecoballe” per trarne vero CDR;
6) Avvio dell’eventuale esubero di CDR (di qualità) prodotto ai tre cementifici presenti in regione o in altre strutture idonee.
Su quest’ultimo punto appare utile precisare che, nel rispetto del principio di precauzione e del buon senso, è condizione imprescindibile la delocalizzazione dei cementifici casertani, così come imposto dal P.R.A.E. (Piano Regionale Attività Estrattive) e dalla V.I.A. per l’insediamento del policlinico nella città di Caserta. Per tutti i cementifici operanti nella regione Campania, al fine di ipotizzare la possibilità di utilizzazione di CDR di qualità occorre, in ogni caso, l’adeguamento degli impianti al fine di garantire almeno il rispetto dei parametri di emissione degli inceneritori.
* pubblicato il 20 novembre 2007, aggiornato il 29 novembre